Due studi francesi sulla associazione tra fumo e COVID-19 hanno dato il via a una speculazione mediatica con effetti di disorientamento sull’opinione pubblica. Qui, sotto la lente d’ingrandimento del Tobacco Control Research Group dell’Università di Bath (GB)

Il 21 aprile sono stati pubblicati due studi collegati (Miyara et al. e E Changeux et al.), nessuno dei quali era stato sottoposto a revisione da parte di pari. Entrambi si trovano sul sito web Qeios che, al fine di accelerare la pubblicazione e l’accesso ai risultati, consente agli autori di caricare studi prima della revisione tra pari.
Il primo studio sulla frequenza di fumatori tra i casi arriva alla conclusione che fumare protegge dalle infezioni di SARS-CoV-2, ed avanza l’ipotesi che la nicotina possa rappresentare un mezzo per proteggere dalla malattia. Il secondo studio (Changeux) illustra una teoria su come il virus potrebbe entrare nell’organismo causando malattie neurologiche e sostiene che la nicotina potrebbe ridurre il rischio e rappresentare una nuova opzione per il trattamento.

Il 27 aprile 2020, tre ricercatori appartenenti al Tobacco Control Research Group dell’Università di Bath (Anna Gilmore, Tom Hird e Mateusz Zatonski) hanno commentato gli articoli, alla luce di tutte le evidenze disponibili sull’associazione tra fumo e COVID-19.

1. Fino ad oggi, le migliori prove sulla relazione tra fumo e coronavirus suggeriscono che i fumatori sono a maggior rischio di peggior outcome della malattia

  • All’inizio della pandemia, alcune casistiche cinesi hanno mostrato che il fumo è associato a una malattia più grave: ad esempio, tra 1.099 pazienti provenienti da 552 ospedali in Cina, i fumatori avevano una probabilità 2,4 volte maggiore di avere esiti avversi rispetto ai non fumatori. (i)
  • Una prima revisione sistematica delle prove ha rilevato che il fumo è probabilmente associato alla progressione negativa della malattia ed esiti avversi, un’altra ha descritto “una tendenza verso un rischio più elevato, ma nessuna associazione significativa” e una terza ha evidenziato che “i fumatori avevano 2,23 volte il rischio di COVID -19 grave rispetto ai mai fumatori.”
  • Una revisione più recente, detta vivente nel senso che viene aggiornata regolarmente ed è arrivata a comprendere 28 studi, giunge a conclusioni simili: l’evidenza suggerisce che, tra i pazienti ospedalizzati, l’abitudine al fumo, ed anche l’aver fumato in passato sono associati a una maggiore gravità della malattia.

2. Esistono prove che suggeriscono che fumare correntemente o aver fumato in passato, e potenzialmente anche l’uso di nicotina, possano aumentare il rischio di infezione da SARS-CoV2, incluso la neuro-infezione

  • È noto che SARS-CoV-2 entra nelle cellule attraverso il recettore ACE-2. Esistono prove del fatto che fumare, l’aver fumato in passato, la Broncopneumopatia Cronico Ostruttiva (una malattia causata dal fumo) e la nicotina possono far aumentare l’espressione dei recettori ACE-2 attraverso i quali si verifica l’infezione, fornendo così una ipotesi sul perché i fumatori correnti e gli ex fumatori, nonché i consumatori di nicotina, potrebbero essere a maggior rischio.
  • Contrariamente a quanto ipotizzato da  Changeux et al, è stato anche proposto che la nicotina potrebbe far aumentare il rischio di neuro-infezione.
  • L’OMS ha anche suggerito che comportamenti come quello di portare la mano alla bocca, tipico dell’atto di fumare, possano esporre i fumatori a maggior rischio di infezione.
  • Esistono anche alcuni studi che riportano tassi di fumatori tra le persone infette da coronavirus inferiori all’atteso. E’ perciò necessario monitorare attentamente gli studi su questo argomento, analizzarli ed interpretarli alla luce di tutte le evidenze disponibili.

L’ipotesi del Professore Changeux, conflitti di interesse e la disinformazione giornalistica

Lo studio del professor Changeux

I risultati dello studio di Miyamara sono stati ripresi da un secondo studio (Changeux et al.), che propone una nuova ipotesi su come il virus potrebbe entrare nell’organismo causando malattie neurologiche e sostiene che la nicotina potrebbe ridurre il rischio e rappresentare perciò una nuova opzione per il trattamento.
E’ importante notare che i risultati di questi studi non sono coerenti con la più ampia letteratura emergente sui collegamenti tra fumo e COVID-19 e con le ipotesi più accreditate su come si verifica l’infezione.

Come i media hanno riportato questi risultati

Ciononostante, la copertura mediatica di questi studi ha mancato di rilevare i punti deboli dello studio e l’esistenza di evidenze contrastanti, producendo come conseguenza disinformazione, dando la notizia potenzialmente pericolosa che il fumo può essere protettivo e inducendo le persone, prese dal panico ad accaparrare nicotina.

Legami del Professor Changeux con l’industria del tabacco

Inoltre bisogna notare che, sebbene il secondo articolo non riporti alcuna fonte di finanziamento, l’autore principale Changeux ha legami storici di lunga data con l’industria del tabacco: tra il 1995 e il 1998 ha ricevuto sovvenzioni per un totale di $220.000 dal Council for Tobacco Research (2); alla fine degli anni ’90 è diventato collaboratore e consulente per Targacept, una filiale farmaceutica della società del tabacco RJ Reynolds (3), e nel 2006/2007 ha supervisionato e pubblicato studi finanziati da Philip Morris International (4).

Note:

  1. Ad esempio, le conclusioni affermano che lo studio “suggerisce fortemente che i fumatori quotidiani hanno una probabilità molto più bassa di sviluppare un’infezione SARSCoV-2 sintomatica o grave”.
  2. Il Council for Tobacco Research era in precedenza noto come il Tobacco Industry Research Committee, istituito nel 1953 dalle principali società produttrici di tabacco per contribuire alla produzione di ricerche che le avrebbero aiutati a oscurare i legami tra fumo e malattie gravi. Vedi: https://www.tobaccotactics.org/index.php/Tobacco_Industry_Research_Committee
    Il coinvolgimento di Changeux con il Council è stato ampiamente discusso in un’indagine di Le Monde, disponibile qui: https://www.lemonde.fr/sciences/article/2012/05/31/guerre-du-tabac-la-bataille-de -la-nicotine_1710837_1650684.html
    La lettera di Changeux in cui si avvicina al Council per ottenere finanziamenti è disponibile qui: https://www.industrydocuments.ucsf.edu/tobacco/docs/#id=xzkw0085
  3. Per i documenti interni di Targacept che identificano Changeux come consulente chiave, consultare https://www.industrydocuments.ucsf.edu/tobacco/docs/#id=mhkx0190  https://www.industrydocuments.ucsf.edu/tobacco/docs/#id=jtfy0221
  4. I legami di Changeux con Philip Morris International sono stati discussi in Eker F, Béguinot E, Martinet Y, Ingérence de l’industrie du tabac in the politiques of santé publiques. Comité National Contre Le Tabagisme, Parigi, 2014, pagg. 89, 280.
    Tra gli studi finanziati da Philip Morris e scritti da Changeux ci sono i seguenti: https://www.pnas.org/content/104/51/20570 e d https://www.pnas.org/content/103/45/16965

Fonte:

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