Indossare un vestito verde per nascondere l’inquinamento e la deforestazione

Il termine greenwashing è la disinformazione praticata da un’organizzazione per presentare di sé un’immagine pubblica di soggetto responsabile nei confronti dell’ambiente.
Il greenwashing è stato impiegato dalla maggior parte delle industrie inquinanti, come quelle del petrolio, dei prodotti chimici e dell’energia nucleare. L’industria del tabacco ha cercato di ripulire la sua reputazione e quella dei suoi prodotti con programmi come la pulizia delle spiagge, la commercializzazione di nuovi prodotti che definisce ecologici e il finanziamento di organizzazioni ambientali e di soccorso in caso di calamità. 
Poiché i consumatori sono sempre più preoccupati delle ricadute ambientali delle lavorazioni industriali e scelgono prodotti più sostenibili, le aziende, comprese quelle del tabacco, hanno fatto della sostenibilità ambientale un pilastro delle loro strategie. Purtroppo, si tratta soltanto di strategie di comunicazione.

Da tempo Big Tobacco assegna grande importanza alla sostenibilità ambientale

Il sito web riprogettato British American Tobacco, con in evidenza la sezione “Sostenibilità”

Fin dai primi anni 2000, l’industria ha iniziato a promuovere messaggi di responsabilità sociale e greenwashing. Ad esempio, nell’introduzione del “Report sociale” 2002/2003 di British American Tobacco, il presidente dell’azienda, Sir Martin Broughton, ha affermato: “La responsabilità sociale d’impresa è parte integrante del nostro approccio alla gestione delle nostre attività a livello globale”.  
Dal 2009, BAT pubblica ogni anno il Bilancio di Sostenibilità. e nel 2020, in una presentazione agli investitori, i dirigenti hanno illustrato in dettaglio gli obiettivi per il raggiungimento della neutralità carbonica, tra cui quello di portare a 50 milioni i consumatori di tabacco non combustibile entro il 2030. 
La sostenibilità è una parte fondamentale del rebranding di BAT realizzato nel 2020, quando il logo fu rinnovato, lo slogan divenne A Better Tomorrow, il sito Web adottò un tema arcobaleno e, nella home page, “Sostenibilità” comparve come una delle cinque voci nella intestazione.

Sbandierare la responsabilità ambientale per non dover rispondere dei danni all’ecosistema

Fin dagli anni ’50 quando fu evidenziata l’associazione tra fumo ed effetti negativi sulla salute, le aziende del tabacco hanno effettuato investimenti significativi in campagne di responsabilità ambientale. Per legittimarsi e presentare il loro settore come rispettoso dell’ambiente, cominciarono a pubblicare i dati sull’impatto ambientale e hanno favorito l’istituzione di premi di sostenibilità assegnati da organismi esterni. 
Allo stesso tempo, le aziende del tabacco lasciano inalterate le pratiche di produzione che hanno un pesante impatto ambientale in tutte le fasi, dalla coltivazione del tabacco, alla manifattura dei prodotti fino allo smaltimento dei rifiuti post-consumo. Non dovendo pagare i costi dei danni che ricadono sulla collettività, le aziende risparmiano enormi somme di denaro.
I soldi che spendono per progetti di sostenibilità ambientale e sociale sono un nulla rispetto al denaro che guadagnano utilizzando, nella catena di approvvigionamento, pratiche come lavoro minorile e deforestazione. Uno studio del 2013 ha rilevato che se le grandi industrie fossero ritenute finanziariamente responsabili del loro impatto ambientale, attualmente non contabilizzato, esse non sarebbero redditizie.

Le classifiche della sostenibilità ambientale

Desiderose di apparire responsabili riguardo alla sostenibilità ambientale dei loro prodotti, tutte le “quattro grandi” aziende del tabacco (BAT, PMI, Japan Tobacco International e Imperial Brands) e Altria sono state classificate “A”, il punteggio migliore, nelle classifiche su cambiamenti climatici, consumo di acqua e deforestazione, stilate dal Carbon Disclosure Project, un istituto indipendente senza fini di lucro. Le aziende produttrici di tabacco sono state incluse anche nel Dow Jones Sustainability Index, che classifica le aziende con le migliori performance in tutti i settori della sostenibilità. 
Le classifiche ambientali, come Il Carbon Disclosure Project, hanno avuto un ruolo di primo piano nei rapporti sulla sostenibilità del 2018 di ciascuna delle “quattro grandi aziende del tabacco”. 
Fino all’espulsione nel settembre 2017, l’industria del tabacco ha anche partecipato al Global Compact delle Nazioni Unite, un patto di sostenibilità volontario per incoraggiare le pratiche commerciali sostenibili e la rendicontazione. 
Questo tipo di classifiche avrebbero, di positivo, il fatto di spingere le aziende a divulgare informazioni ambientali, ma le stesse aziende ottengono in cambio un vantaggio reputazionale presentandosi come partner nella sostenibilità ambientale, invece della reputazione che meritano, visto che infangano tanto la salute che l’ambiente.  

Classifiche inficiate da misurazioni non standardizzate

La divulgazione dei dati sull’impatto ambientale è generalmente volontaria e la rilevazione non si basa su metodologia, criteri e standard comuni, per cui i dati sull’impatto ambientale sono vaghi, poco chiari e incoerenti. 
In mancanza di metodologie standardizzate, le aziende possono scegliere le unità di misura da adottare o addirittura crearne di nuove. Nel 2018, ad esempio, le aziende del tabacco hanno riportato i dati sull’impatto ambientale in unità note come “intensità”. L’Intensità si riferisce al costo ambientale unitario per ricavo netto (ad es. tonnellate di emissioni di CO2 equivalenti per milione di sterline di ricavo netto da prodotti da fumo e svapo). Riportando i costi ambientali in questo modo, le aziende produttrici di tabacco sono in grado di oscurare l’aumento, anno dopo anno, del consumo di risorse all’aumentare della produzione. Infatti, anche se il danno ambientale per sigaretta diminuisce, il volume totale di sigarette prodotte e quindi l’impatto ambientale complessivo aumentano.

Inoltre, le aziende sono libere di fissare obiettivi ambientali a qualsiasi livello e scegliere di divulgare argomenti che ritraggono le loro pratiche sotto la migliore luce. Ad esempio, Nel 2017, quando risultò che i fornitori di foglie di tabacco avevano ecceduto il quantitativo di 1,5 kg di sostanze chimiche per ettaro (l’obiettivo prefissato), BAT annunciò che non avrebbe avuto più un obiettivo medio globale e, attualmente, non rivela dati sull’uso di prodotti chimici nella tabacchicoltura. 
Allo stesso modo, dopo che nel 2017 ottennero un punteggio scarso nella classifica sulla deforestazione del Carbon Disclosure Project, BAT, Japan Tobacco e Imperial rinunciarono a rendicontare sulla deforestazione.

Programmi di responsabilità ambientale

In tutto il mondo, le aziende produttrici di tabacco implementano una varietà di programmi di responsabilità sociale d’impresa sul tema della sostenibilità ambientale al fine di migliorare la propria immagine. Le aziende del tabacco utilizzano questi programmi per anticipare la regolamentazione e influenzare i responsabili politici. 

Un ragazzino al lavoro in un campo di tabacco in Brasile
Crediti: The Guardian
  • La Fondazione per eliminare il lavoro minorile nella tabacchicoltura (ECLT) fu fondata nel 2000 dalla British American Tobacco e dai tabacchicoltori della International Tobacco Growers’ Association, suo storico gruppo di facciata, in risposta alle critiche sull’impiego del lavoro minorile nella coltivazione del tabacco in Malawi e altrove. Successivamente tutte e quattro le grandi aziende del tabacco si unirono per sostenere ECLT che fino al 2019, ha avuto un contratto di partnership con l’Organizzazione internazionale del lavoro. Dopo le pressioni delle organizzazioni per il controllo del tabacco, l’ILO non ha rinnovato il contratto. 
  • Sia BAT che Imperial Brands sono membri della Slave-Free Alliance. Nel suo rapporto annuale 2018, Imperial Brands ha dichiarato di essere un “membro fondatore” di Slave-Free Alliance che, insieme alla Fondazione ECLT, ha ricevuto la maggior parte dei suoi contributi di beneficenza. 
  • Un’altra iniziativa fondata dal settore del tabacco è il Sustainable Tobacco Program (STP), lanciato nell’aprile 2016, che ha cercato di fornire un “programma unico di sostenibilità per l’industria del tabacco”. STP é gestito dal consulente indipendente della catena di fornitura AB Sustain, una controllata di AB Agri
  • Total LandCare è un’altra ONG per la sostenibilità, la cui missione è di migliorare i mezzi di sussistenza e gli standard di vita delle piccole famiglie di agricoltori. Tra i suoi finanziatori figurano Altria Group, PMI, BAT, Japan Tobacco e ECLT Foundation, nonché società non produttrici di tabacco come Coca-Cola. Total LandCare ha iniziato a ricevere finanziamenti dall’industria del tabacco nel 2001. Dal 2001 al 2014, BAT, PMI, Japan Tobacco e Imperial Tobacco hanno speso un totale di 22 milioni di dollari in progetti sulla deforestazione, un importo che è appena il 2% di quanto questa aziende hanno risparmiato con le pratiche della deforestazione e del lavoro minorile che dicono di voler contrastare.  
  • Queste partnership hanno a volte coinvolto contemporaneamente l’industria del tabacco e i governi. Dal 2009 al 2014, ad esempio, Imperial ha finanziato un progetto di Total Land Care per il governo del Mozambico. 

L’esempio dell’abbandono dei mozziconi in Italia

La campagna CAMBIAGESTO di Philip Morris pubblicizzata a tutta pagina sul quotidiano Repubblica il 22 Giugno 2022

Philip Morris ha utilizzato lo spazio di iniziativa offerto dal decreto attuativo della legge che vieta l’abbandono dei mozziconi per terra. Il decreto, firmato dall’allora Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, un politico emiliano spesso presente alle iniziative di Philip Morris, consente all’industria del tabacco di cooperare con le amministrazioni pubbliche per attuare attività di sensibilizzazione della popolazione sul tema dell’abbandono dei mozziconi.
Philip Morris ha ben presto avviato una campagna che si chiama #Cambiagesto con cui offre la sua collaborazione ai Comuni, con l’obiettivo di richiamare i fumatori sull’importanza di salvaguardare l’ambiente.
Iniziative si sono svolte a Roma, Salerno, Firenze, Bari, Livorno, Padova, Genova, Bologna questi anni.
L’azienda informa: in ogni tappa, è stata fondamentale la collaborazione con … istituzioni locali, associazioni di volontariato, aziende per la pulizia urbana, tabaccherie, ma anche tanti cittadini sensibili ai temi ambientali…Le azioni principali …iniziative di pulizia per la rimozione dei mozziconi a terra, l’installazione di posaceneri pubblici e la distribuzione di migliaia di posaceneri portabili ai fumatori.
Si deve notare quanta ipocrisia ci sia in questa campagna che consente a Philip Morris di presentarsi come paladina dell’ambiente, scaricando tutta la responsabilità dell’abbandono dei mozziconi sui fumatori.

Il trucco per evitare che si applichi il principio: chi inquina paga!

Nel dichiarare gli obiettivi di sostenibilità ambientale, le aziende del tabacco non tengono conto di tutti gli impatti ambientali associati al ciclo di vita dei loro prodotti: dalla coltivazione delle foglie di tabacco allo smaltimento dei rifiuti. 
L’industria non contabilizza i danni causati dalla tabacchicoltura (deforestazione, inaridimento dei suoli e uso di prodotti chimici) attribuendoli ai coltivatori, né i danni dello smaltimento dei mozziconi di sigaretta gettandone la colpa sulle spalle dei consumatori e gravando i costi sulle spalle delle amministrazioni locali, ma chi si arricchisce con la vendita dei prodotti del tabacco non sono i consumatori e neppure i sindaci. 

Fonte

Tocacco Tactics Il Greenwashing dell’industria del tabacco