Codici volontari di autoregolamentazione

Quando la pressione si sta sviluppando e la regolamentazione appare inevitabile, la prima linea di difesa del settore è quella di offrire un accordo volontario, soprattutto quando si tratta di pubblicità sul tabacco. L’industria assicura che, piuttosto che la legislazione governativa, è sufficiente l’autoregolamentazione e garantisce che tutti i produttori si conformeranno fedelmente alle disposizioni dell’accordo volontario e che l’industria stessa assicurerà che sia correttamente applicata. Questa posizione ha il duplice vantaggio di lasciar intendere che l’industria comprende il problema e di raffigurare i proponenti della legge come benintenzionati ma fuorviati. Tali accordi appaiono attraenti per i governi ma falliscono ripetutamente per la semplice ragione che non sono progettati per riuscire. Le sanzioni per le infrazioni sono deboli o assenti. Le definizioni degli accordi sono fatte per impressionare, ma in pratica consentono interpretazioni che favoriscono l’industria. Gli accordi non coprono alcuni dei peggiori eccessi dell’industria. Essi, ad esempio, possono vietare la pubblicità diretta ai bambini ma consentire la sponsorizzazione degli eventi sportivi e dei concerti rock (25).

Nel 1967 il senatore Robert Kennedy fece il seguente commento sugli accordi volontari con l’industria. ”Abbiamo assistito a una sciarada di presunta autoregolamentazione per anni. I codici di autoregolamentazione sono stati in gran parte inefficaci e non vedo che una piccola speranza di cambiamento “(26).

L’industria fa lobby a favore di legislazioni pre-emptive (leggi federali che rendono vane quelle statali oppure leggi statali che rendono vane ordinanze locali da parte dei comuni) che proteggano i propri interessi. Il Tobacco Institute si è vantato nel 1989 di aver promosso 53 legislazioni che proteggevano i diritti dei fumatori in 28 stati (27). Tali leggi erano progettate per proteggere i diritti dei fumatori, prevedendo che gli edifici pubblici venissero dotati di aree per i fumatori, rendendo il fumo durante le ore non lavorative un diritto civile per i dipendenti e impedendo ai governi locali di approvare ordinanze antifumo più forti. Un motivo per la difesa dei diritti dei fumatori da parte dell’industria fu spiegato da uno scienziato di RJ Reynolds in un memorandum interno: Per il nostro settore gli effetti presenti e futuri del fumo di tabacco ambientale sono chiari. Le restrizioni al fumo limitano il tempo disponibile per i consumatori per godere dei nostri prodotti. In parole povere, una sigaretta non fumata è una sigaretta non venduta.

Con grande abilità l’industria ha anche utilizzato la regolamentazione a proprio vantaggio. Essa acconsentì all’introduzione di avvertenze sanitarie sui pacchetti di sigarette negli Stati Uniti. Lo fece in parte per evitare altre leggi sull’etichettatura statale più dannose, ma anche per ottenere protezione da cause legali intentate contro di essa per la morte o la disabilità di fumatori. Le etichette avvertono dei rischi connessi al fumo, per cui, se si verifica un danno, si può sostenere che i fumatori avevano accettato di danneggiare la propria salute.