Il Governo italiano pratica uno sconto fiscale rilevante sui nuovi prodotti (sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato), con conseguenti minori entrate per lo Sato e maggiori proventi per l’industria del tabacco. Chi ci rimette è il contribuente.

Tabacco riscaldato – da 0 a 10 miliardi di sigarette

Aumento delle vendite dei prodotti a tabacco riscaldato in Italia (2014-2021)

Nel volgere di pochi anni, dal 2014 al 2021, i dispositivi e le sigarette a tabacco riscaldato si sono imposti come secondo prodotto del tabacco più venduto in Italia.

La Philip Morris, con iQOS, ha fatto da apripista seguita dalla British American Tobacco, con glo, e dalla Japan Tobacco, con Ploom. Hanno imposto i loro prodotti con la promessa di un (non provato) minor rischio rispetto alle sigarette tradizionali, ma anche con un marketing sofisticato e la inazione, per non dire la complicità, di Governi e Parlamento.

La Philip Morris ha ottenuto il favore dei Governi in virtù degli investimenti nella fabbrica di iQOS nel distretto di Bologna, degli accordi con le organizzazioni agricole per l’acquisto dei raccolti di foglie di tabacco e delle azioni di responsabilità sociale. Su questa strada si è incamminata anche la British American Tobacco che sta costruendo, a Trieste, un nuovo impianto per i prodotti, sigarette elettroniche e sacchetti di nicotina, definiti a minor rischio rispetto alle sigarette.
Fin qui nulla di nuovo, ma quello che vogliamo mostrare ora è la dimensione del super-profitto che le multinazionali del tabacco realizzano in Italia con i nuovi prodotti.

Quanti soldi in tasca a Big Tobacco

Vendite di stick di tabacco riscaldato e di sigarette tradizionali

Senza tener conto delle raccomandazioni dell’Unione Europea, in Italia, i nuovi prodotti del tabacco godono di una fiscalità di favore con una accisa che è intorno al 30% rispetto a quella che grava sulle sigarette tradizionali. Dai dati ufficiali delle vendite 2021, risulta che sulle sigarette tradizionali il ricavato dell’industria è stato pari al 12% del prezzo al consumatore, mentre sui prodotti a tabacco riscaldato è stato pari al 53%.
Detto in soldoni:

  • su ogni sigaretta tradizionale, che costava 30 centesimi, l’industria ha ricavato 3,6 centesimi,
  • per ogni stick di tabacco riscaldato, che costava 22,5 centesimi, il ricavato è stato pari a 11,95 centesimi.

Bisogna tener conto che di sigarette e stick se ne vedono miliardi, come mostra la figura a destra.

Che fine fanno i soldi spesi dai fumatori

Ripartizione, in percentuale e in milioni di euro, del ricavato delle vendite di sigarette tradizionali e di quelle a tabacco riscaldato

La figura a fianco mostra come vengono ripartiti i soldi spesi dai fumatori (dati 2021).

Tralasciando il ricavato del rivenditore che è il 10% del prezzo, si può rilevare che:

Per le sigarette tradizionali: all’industria sono andati 1,9 miliardi di euro, l’Erario ha incassato 9,5 miliardi di euro.

Per gli stick di tabacco riscaldato: l’industria ha ricavato 1,1 miliardi di euro, l’Erario ha incassato € 0,4 miliardi.

Super-ricavi dell’industria = Super-perdite dello Stato = € 879 milioni

Ricavi dell’industria del tabacco con tassazione normale e super-ricavi da sconto fiscale (2021)


La figura sopra mostra che se nel 2021 la tassazione sul tabacco riscaldato fosse stata pari a quella applicata alle sigarette tradizionali, a parità di prezzo al pubblico, il ricavato dell’industria sarebbe stato di 256 milioni. Invece, con le aliquote in atto, l’industria ha ricavato 879 milioni in più. Questa somma è quanto lo Stato avrebbe potuto incassare tassando come dovuto il tabacco riscaldato, un prodotto tossico che rende dipendenti i consumatori.

Firma anche tu la petizione Sigarette elettroniche, iQOS & Co BASTA FAVORI AI PRODUTTORI